Quello dei sogni per me, è stato sempre un universo magico sospeso tra realtà e fantasia.
Da quando ne ho scoperto il potere, intorno ai 25 anni, ne sono diventato un attento esploratore, osservando come mutassero le loro forme e sfumature, come danzatori su una tela in cui ombre e luci seguivano fedeli le evoluzioni talvolta discontinue di coscienza.
Si narra che esistano ancora culture tribali che riconoscono al mondo onirico una decisa parvenza di realtà: in certe culture, ad esempio, se si sogna di commettere un torto verso una determinata persona, si arriva a porre in atto una condotta riparativa nella vita reale.
Pur non essendo un tribale, io tengo i miei sogni nella massima considerazione, e sono sempre pronto a scavarci dentro, estraendone frammenti di verità.
In un periodo della mia vita, di forte transizione e mutamento, sono stato accompagnato da un sogno ricorrente, che come in un interminabile notte della marmotta, si presentava con le identiche ed imperturbabili sembianze.
Esse erano quelle di un viaggio incessante e senza fine, in cui non ero solo, ma accerchiato da creature feline dall’aspetto feroce: tigri, leopardi, gatti enormi e spaventosi come Behemoth de ‘’Il maestro e Margherita’’.
Inizialmente ero terrorizzato dalla loro presenza, e percepivo l’incombenza del pericolo, ma dopo poco tempo mi accorgevo che queste fiere dall’aspetto mostruoso erano in realtà docili e mansuete, come se fossero degli innocui animali addomesticati.
In questo sogno, cercavo sempre mia madre, che però non riuscivo mai a trovare.
Mi servì del tempo per elaborare il significato di quella esperienza ricorrente, ormai lontana negli anni: in un momento difficile della mia vita, in cui non sapevo che direzione prendere, volevo rassicurare una delle persone a me più care, che certe tendenze di me che percepivo negativamente, sarei stato in grado di addomesticarle e renderle inoffensive.
Quel sogno era permanentemente identico a sé stesso.
Mai mi era capitato, fin d’ora, di fare un sogno, in questo caso un incubo, e di ripetere la stessa identica esperienza onirica dopo due o tre giorni, che però nella seconda occasione è diventata qualcosa di diverso, come se il palcoscenico dell’inconscio sognante avesse cambiato del tutto inclinazione.
E’ ciò che mi è accaduto pochissimi giorni fa.
Ho sognato di trovarmi nell’edificio in cui si trovava il mio liceo, sull’imbuto rosseggiante dell’alta scalinata esterna che ero solito attraversare per accedere all’interno, ed entrare in classe.
Improvvisamente, mentre ero intento a scenderne i gradoni, divampava un incendio, ed io rimanevo intrappolato in questo incendio; non esisteva salvezza o via di fuga, ben presto le fiamme cominciavano ad avvolgermi spandendo nell’aria il loro odore acre, anche se in fin dei conti l’epilogo non era drammatico o letale, e me la cavavo con delle laceranti ustioni sulla gamba sinistra.
I colori ed i profumi di questo sogno erano stati così vividi, che appena sono tornato nello stato di veglia mi sono toccato la gamba, e dopo un paio di giorni mi è venuto spontaneo raccontarne la trama a una persona, tanto ne ero rimasto colpito.
Ebbene, la notte stessa seguente la mia confidenza, è accaduto che io abbia fatto lo stesso identico sogno, trovandomi però su un altro angolo, che non era più quello del protagonista, bensì dell’osservatore.
La coscienza emergente stava riproponendo lo stesso scenario, il liceo, l’impervia scalinata rosseggiante, l’odore ed il bagliore delle fiamme; ma stavolta io ne ero al di fuori, come se stessi guardando a distanza qualcosa che non fosse più in grado di coinvolgermi.
Cosa c’è stato, in mezzo a questi due sogni, uguali e profondamente diversi?
Un’apertura, una confidenza.
Una condivisione.
Il messaggio è sin troppo semplice da decifrare: ciascuno di noi, nell’infanzia o nell’adolescenza (simbolicamente rappresentate dai luoghi della scuola), ha dovuto affrontare le sue prime sfide, in fondo trovarsi davanti ad un incendio è una grande sfida, che richiede coraggio ed in cui esiste la possibilità di soccombere.
Forse ci piacerebbe cambiare qualcosa del nostro passato, perché crediamo che alcune esperienze che abbiamo vissuto ci abbiano reso troppo fragili e vulnerabili, ed incapaci di gestire i pericoli e le sfide della vita.
Ma il fuoco, nello stesso tempo, rappresenta anche un potente simbolo di saggezza e purificazione, che porta con sé il messaggio di andare oltre, e di lasciare andare: lasciare andare i torti e le ingiustizie subite, e qualsiasi astio e recriminazione.
Ed uno dei mezzi più potenti per arrivare a questa pacificazione interiore, è la condivisione con altri essere umani.
Condividere alleggerisce, e quello che può sembrare un terribile incendio, si manifesta per ciò che veramente è: un fuoco che brilla di luce, crepitando in un ardente respiro di rigenerazione.