Il termine serendipità deriva dall’inglese “serendipity”, termine inventato dallo scrittore britannico Horace Walpole nel 1754 a partire da Serendip, antico nome dell’isola dello Sri Lanka, in riferimento alla fiaba persiana “I tre principi di Serendippo“.
La fiaba narra del Re Giaffer, sovrano di Serendippo, e dei suoi tre figli, dotati della capacità di fare scoperte dovute sia al caso che alla loro capacità di osservazione.
In Persia ad esempio incontrarono per la via un cammelliere che era disperato per aver perduto il suo animale. I tre principi, attenti e scrupolosi osservatori, dissero all’uomo che avrebbe ritrovato il suo cammello più avanti, ma probabilmente cieco da un occhio. Uno di loro si era infatti accorto che mentre erano in viaggio, sulla stessa strada doveva essere passato da poco un mulo cieco dall’occhio destro dato che l’erba era stata mangiata solo sul lato sinistro, dove appariva ridotta peggio che sul destro.
Il proprietario pensò che soltanto i ladri potessero conoscere tanti particolari e denunziò i fratelli, ed i tre principi vennero incarcerati e condannati a morte.
Fortunatamente un altro cammelliere ritrovò l’animale e lo riconsegnò al suo legittimo proprietario.
I tre principi vennero scarcerati e l’imperatore persiano premiò la loro sagacia designandoli suoi personali consiglieri.
Dopo aver letto la fiaba dei tre principi di Serendippo che “facevano sempre scoperte, per caso o per sagacia, di cose che non stavano cercando”, Walpole utilizzò il termine serendipità per indicare l’occasione di fare felici scoperte per puro caso, o di trovare qualcosa mentre si stava cercando altro.
La serendipità è molto nota nella ricerca scientifica, data la gran quantità di scoperte ed invenzioni che sono state fatte per caso: alcune riguardano la scoperta della peniciliina da parte di Alexander Fleming, del primo antidepressivo serotoninergico Prozac, del Viagra scoperto per caso dalla compagnia farmaceutica Pfizer mentre cercava un farmaco per curare l’angina pectoris, ed ancora dei riflessi condizionati e dei neuroni specchio.
Anche il continente più potente al mondo, l’America, è frutto di serendipità dato che Cristoforo Colombo stava cercando le Indie!
Altre storie celebri sono quelle del premio Nobel per la Chimica Melvin Calvin, che trovò l’ispirazione per spiegare il processo di fotosintesi delle piante, mentre era seduto in macchina ad aspettare che la moglie terminasse alcune commissioni.
Il chimico tedesco August Kekulè una notte sognò atomi e molecole che formavano catene serpeggianti che si torcevano su se stesse. In tale sogno, una di queste si trasformò in un serpente che si mordeva la coda, formando un cerchio che girava su se stesso: in quel sogno si materializzò la spiegazione relativa alla molecola del benzene.
Passando dalla scienza alla letteratura, anche Robert Louis Stevenson ricevette in dono da un sogno l’intuizione dei personaggi del Dr. Jeckill e di Mr. Hide.
Con questo breve scritto, spero di aver suscitato un moto di simpatia nei confronti della serendipità.
Nella vita caotica e frenetica di oggi, siamo sempre attenti alla meta, e finiamo per perderci la bellezza del cammino, mentre, come diceva Jean-Raymond Boudou “niente è più propizio di un viaggio per sondare tutti gli aspetti meravigliosi dell’imprevedibile”.
La serendipità è un’attitudine, un terzo occhio sempre aperto sulla vita e sul mondo intorno a noi, irrorato di curiosità e stupore, e vigile soprattutto nei momenti del “non fare”, della sospensione dell’azione, del sogno, o della coscienza leggermente alterata.
E’ un viaggio che sa tenere da conto le tappe programmate ma che sa anche apprezzare il fortuito, perché a volte le strade più panoramiche della vita sono le deviazioni che non si aveva intenzione di prendere.