Una delle più importanti scoperte personali del tempo di quarantena è la meditazione.
Negli anni passati, mi era già capitato un paio di volte di avvicinarmi a discipline del genere, intraprendendo alcuni corsi yoga, ma non era mai scoccata la scintilla: trovavo gli esercizi di controllo della postura (le c.d. “asana” nell’hatha yoga), e del respiro, noiosi e poco adatti alla mia personalità.
Lo scorso mese di Marzo ho scoperto una delle moderne app per smartphone e tablet, il cui nome è “Clarity”, che proponeva delle meditazioni guidate gratuite, ed ho deciso di riprovare.
La disciplina in questione si chiama “Mindfullness” ed è una pratica diversa rispetto alla yoga o ad altre tecniche che si possono considerare principalmente dei metodi di rilassamento, il cui scopo è calmare la mente ed alleggerire le tensioni corporee.
La mindfullness invece è una pratica meditativa, il cui fine non è il raggiungimento di uno stato di quiete, quanto un allenamento dello stato di consapevolezza, che ha a che fare con lo stato di presenza, con il sentirsi presenti e vivi nel “qui ed ora”.
Abitualmente infatti, la nostra mente tende a soggiornare ben poco nel momento presente, preferendo ondivagare nelle dimensioni del passato e del futuro: questo avviene sotto forma di rimuginazioni, come quando si ripensa a qualcosa che è accaduto molto tempo fa o magari poco prima, e si recrimina per come sono andate le cose.
Oppure sotto forma di preoccupazioni, per qualcosa di negativo che potrebbe accadere, ma più banalmente anche per le attività della giornata ancora da completare o per altri impegni e scadenze che ci attendono.
L’allenamento del muscolo della consapevolezza avviene in una palestra in cui l’attrezzo a disposizione è soltanto uno, l’unico filo e trama che ci lega al qui ed ora: le sensazioni del corpo.
Il contatto dei propri piedi con il pavimento, delle mani sulle cosce, scansionare i segmenti del nostro corpo e viverne intensamente le sensazioni, cosi’ come il fluire ininterrotto del respiro: queste sono le uniche ancore sempre disponibili ed il vero ponte tra noi e lo stato di presenza.
Ormai sono più di 3 mesi che pratico quotidianamente, una decina di minuti al giorno, e vi posso garantire una cosa: rimanere 10 minuti, che sembrano pochissimi, nello stato di presenza, è maledettamente difficile!
La mente tende a vagare in continuazione, a fare l’elastico tra le sponde dello ieri e del domani, e l’allenamento è proprio questo: accorgersi del momento in cui ciò sta accadendo, sviluppando metaconsapevolezza ed abilità a lasciare andare quel pensiero tornando con gentilezza al momento presente.
Nella pratica vengono utilizzate diverse immagini tra cui quelle del fiume e del lago, dove la consapevolezza può essere identificata con il corpo del fiume ed il pensiero vagante con una foglia secca che si immaginerà di lasciare andare.
Ci sarebbe ancora molto da dire, ma non voglio andare troppo oltre; per il momento aggiungo che sto approfondendo la materia, oltre che con la pratica, anche con la lettura di un testo di Kabat-Zinn, fondatore della mindfullness. Perciò più avanti tornerò sull’argomento.
Concludo dicendo che la pratica della consapevolezza, in tempo di pandemia, mi sembra avere un forte potere allegorico, perché provare a restare nel presente senza farsi travolgere dall’angoscia del futuro può essere uno scudo psicologico importante contro le difficoltà del momento.
“Ciò che sta davanti a noi e ciò che sta dietro di noi
sono inezie in confronto a ciò che sta dentro di noi”
OLIVER WENDELL HOLMES