La scorsa Domenica al mare, ho vissuto una giornata in cui ci sono state dentro, tante diverse Domeniche.
Immaginate quattro persone strette da un legame profondo, al confine tra la terra e l’acqua, sotto il sole caldo e brillante del dopo mezzogiorno.
Il cielo è terso, senza traccia di nubi, come una tela immacolata.
Tutto sembra perfetto: le onde si infrangono dolcemente sulla riva, il sole scalda senza bruciare, e l’orizzonte sembra promettere una giornata eterna.
Ma come spesso accade, la natura ha i suoi piani, e quello che appare certo viene messo in discussione.
Lentamente, quasi impercettibilmente, delle nubi cominciano a formarsi all’orizzonte.
All’inizio sono piccole, quasi innocue, ma con il passare dei minuti si infoltiscono e avanzano, portando con sé un presagio.
Le prime ombre si allungano sulla spiaggia, e con loro un mormorio si diffonde tra i bagnanti inquieti: qualcuno alza lo sguardo, si stringe nelle spalle e decide che è meglio raccogliere le proprie cose.
Non vale la pena rischiare, pensano, meglio andarsene ora che il tempo è ancora clemente.
Dopo pochi minuti, i bagliori dei lampi in un cielo diventato cupo, annunciano il rombo dei tuoni, ed arriva la pioggia; forse aveva ragione chi, prudentemente, se ne era già andato.
Inizia un piccolo esodo: ombrelloni chiusi in fretta, asciugamani scrollati via dalla sabbia, bambini che protestano mentre i genitori li trascinano via.
La spiaggia si svuota rapidamente, lasciando i segni del passaggio degli altri: castelli di sabbia incompleti, giocattoli abbandonati, oltre a qualche temerario che decide comunque di restare, insieme a quelle quattro figure, ferme come statue.
Non una parola viene pronunciata, ma tutti sanno che nessuno di loro ha intenzione di andarsene.
Il tempo sembra dilatarsi sotto la pioggia, e si fa fatica a mantenerne la percezione, fino a quando, all’improvviso, come è venuta, la tempesta se ne va.
Le nubi cominciano a diradarsi, lasciando spazio a qualche raggio di sole che timidamente fa capolino tra i residui di grigio.
E poi, come un miracolo atteso, il cielo si apre di nuovo, limpido, sereno, restituendo alla spiaggia una luce nuova, più calda e avvolgente.
E’ tardo pomeriggio ormai, ma il mare è tornato e splendere, e l’aria è di nuovo fresca e pura.
Questa Domenica al mare mi è sembrata una potente metafora della forza delle credenze e delle aspettative, di quanto non sia tanto la realtà a contare, ma il modo in cui noi la percepiamo e la affrontiamo.
Diceva Aldous Huxley: ‘’L’esperienza non è ciò che succede, ma è quello che fai con cosa ti succede’’
Di fronte ad uno stesso evento, una Domenica assolata, poi nuvolosa, quindi avvolta dalla pioggia ed infine nuovamente baciata dal sole, tante persone hanno reagito in modi diversi, chi andandosene via subito, chi aspettando ancora un poco per poi arrendersi all’arrivo della pioggia, chi non andandosene mai.
Ed ogni esperienza personale diversa, porterà un diverso ricordo e racconto di quell’esperienza, anche se la realtà è stata identica per tutti.
Molti se la racconteranno come una Domenica rovinata, un giorno che avrebbe potuto essere ma non è stato.
Io invece porterò in me la consapevolezza di averla vissuta fino in fondo, insieme a due persone speciali e ad un bambino magico, e di aver visto con loro la bellezza anche nella pioggia, godendo poi del ritorno del sole come di un dono raro, riservato a chi ha la pazienza e la fiducia di aspettare.