La struttura di un intervento in pubblico può essere divisa in 3 parti distinte e separate: INIZIO, CORPO e CONCLUSIONE.
Per utilizzare la metafora dell’aereo, le definirò come segue: DECOLLO, VOLO ed ATTERRAGGIO.
Lo schema della presentazione segue sempre l’impostazione offerta dal testo “Il pubblico nelle tue mani“.
L’inizio della presentazione comincia con l’ENTRATA.
Questi sono alcuni consigli per un’entrata efficace:
- Prima di salire sul palco, o di prendere la parola, rilassarsi con un respiro profondo.
- Procedere verso il luogo dell’intervento, focalizzando l’attenzione in modo diverso dal solito.
Solitamente, il modo in cui si focalizza l’attenzione, è quello per cui la si riporta tipicamente verso la parte alta del corpo, ad esempio la testa, acquisendo a volte un’andatura poco efficace.
La cosa migliore è focalizzare l’attenzione verso il proprio baricentro, in questo modo:
- compiere alcuni passi, per capire dove si sta concentrando l’attenzione in questo momento: sulla testa? sulle spalle? sulla bocca?
- visualizzare un punto colorato sulla zona individuata
- prendere questo punto colorato e spostarlo tre dita al di sotto dell’ombelico
- provare a camminare concentrando l’attenzione sopra questo punto
- prima di cominciare, rivolgere lo sguardo al pubblico: lo sguardo deve essere “democratico“, quindi, anche se la platea è vasta, deve includere tutti. Si può anche individuare qualcuno tra il pubblico che sembri ben disposto nei propri confronti, e farne un’ “ancora” positiva
- prendere fiato ed…iniziare!
Ma a proposito di ancora: cos’è un’ancora e come si crea?
L’ancoraggio è una tecnica utilizzata sempre dalla pnl la quale consiste nell’associare uno stato interno, ad uno stimolo esterno.
E’ infatti evidente che se si vuole indurre in qualcun altro un determinato stato, supponiamo l’entusiasmo e la motivazione, bisogna trovarsi per primi in questo stato.
La tecnica dell’ancoraggio deriva dagli studi sul condizionamento associativo svolti dal grande psicologo russo Ivan Pavlov, il quale dimostrò scientificamente, tramite un famoso esperimento sui cani, che gli stimoli creati artificialmente possono essere associati mentalmente ad una sensazione che si vuole generare, purchè le prove siano ripetute nel tempo e connotate da una certa intensità emotiva.
Prendiamo ad esempio l’entusiasmo: se io voglio generare questa sensazione, e quindi devo prima di tutto ricrearla in me stesso, potrò attingere ad una circostanza del mio passato in cui mi sono sentito pieno di questa risorsa.
Posso chiudere gli occhi e rivedere con gli occhi della mente ciò che vedevo allora, le immagini, e suoni che ascoltavo, le sensazioni che provavo.
Trattenendo questa immagine, suoni e sensazioni nella mente, potrei constatare come lo stato d’animo del momento sia riaffiorato, e come riesca a sentirmi come mi sentivo allora.
Quando la sensazione ha raggiunto un livello molto alto, posso appunto ancorarla scegliendo un gesto, come ad esempio stringere il pugno o toccarmi una parte del viso; un gesto non abituale e da ripetere delle volte. Andando avanti con la ripetizione, questo gesto diventerà l’ancora per ricreare la sensazione.
L’INIZIO
Come deve essere un inizio efficace?
Nel libro cui ho fatto riferimento, vengono citate 9 tipologie di inizio efficace:
- narrare un evento recente
- narrare una storia con una morale
- una frase o affermazione che possa essere un valore per chi ascolta (ad esempio, ringraziamenti alla platea o riconoscimenti all’azienda)
- un aneddoto
- una citazione
- una provocazione (ma attenzione, si tratta di una tipologia di inizio abbastanza rischiosa)
- una domanda rivolta all’uditorio
- una curiosità
- iniziare…punto e basta!
Personalmente, preferisco le tipologie 1,2,4 e 5.
IL SETTING INIZIALE
E’ buona abitudine, specie in presenza di un intervento lungo ed articolato, preparare gli ascoltatori a ciò che li aspetta, stabilendo il setting dell’intervento: tempo previsto, argomenti trattati, pause.
Questa fase di anteprima offre due vantaggi:
permette agli ascoltatori di calibrare la propria attenzione, la quale segue una precisa curva temporale;
permette a chi presenta, di presentare in maniera gentile alcune regole di comportamento, che possono facilitare notevolmente il compito prevenendo domande ed obiezioni.
A tal proposito, si può dire: “Vi prego di annotarvi eventuali domande sul vostro block-notes perchè alla fine dell’intervento ci sarà uno spazio dedicato ai vostri dubbi“, oppure “Vi ricordo che è obbligatorio riaccendere il telefonino durante le pause”.
Si tratta di modi gentili e simpatici per dire che eventuali obiezioni saranno raccolte alla fine dell’intervento, e che durante lo stesso i telefonini devono essere muti!
L’inizio dell’intervento dovrebbe tenere conto il più possibile di quanto ho scritto nella parte sulla comunicazione: ogni forma di comunicazione passa attraverso i sensi. E pur utilizzando tutti i sensi, ogni individuo sembra privilegiare un sistema rappresentazionale, utilizzandolo come modalità primaria di comunicazione.
Ciò farà si che in platea ci saranno delle persone più visive, oppure più auditive o cinestesiche: per questo motivo, soprattutto le parti iniziali dell’intervento devono essere costruite all’insegna dell’acronimo “V – A – K“, cercando di coinvolgere tutte le modalità comunicative, e scongiurando il rischio di perdersi parte dell’uditorio nel momento in cui l’oratore si costruisce il suo credito iniziale.
Con tutta probabilità, un visivo ama un’esposizione ricca di immagini e metafore visive, un ritmo veloce ed una voce abbastanza acuta, e mal sopporta le lunghe pause.
Un auditivo prediligerà una voce più lenta, è interessato a comprendere ogni parola, e pone attenzione alle sfumature.
Un cinestesico invece si sintonizza più facilmente con un timbro più profondo, con un ritmo meno rapido e con delle pause che gli consentano di captare meglio le sfumature emotive cui è più interessato.
Lo speaker deve quindi soddisfare, in una certa misura, tutti e tre i tipi di uditorio, specie all’inizio e nei momenti chiave dell’esposizione.
Ecco un possibile esempio di inizio V – A – K
“Signori e signore…..durante questo corso sul public speaking vi illustrerò chiaramente quali sono le strategie vincenti dei grandi oratori…..sentiremo insieme le loro voci intonandoci al loro linguaggio…..proveremo dentro di noi la sicurezza di salire su un palco ed affrontare un pubblico in maniera naturale e positiva”.
Durante l’esposizione, occorre tenere presente che una buona parte di ciò che viene detto, potrebbe andare dimenticato nelle prossime 24 ore.
Statisticamente le persone tendono a ricordare meglio:
- le prime cose che vengono dette
- le ultime cose che vengono dette;
- i concetti ripetuti;
- le cose strane ed originali poste all’interno del discorso e che, per contenuto tono o quant’altro si staccano dalla monotonia.
Per conquistare e mantenere l’attenzione è utile tenere presenti le raccomandazioni di Dale Carnegie, uno dei più autorevoli esperti in materia.
Esse sono:
–Delimitare l’argomento
Una volta scelto l’argomento, la prima misura da prendere è delimitare la parte che si vuole trattare, e scartare tutto il resto. Non si può trattare un argomento in tutti i suoi molteplici aspetti. Un famoso botanico statunitense, Luther Burbank, coltivava milioni di esemplari di piante per ottenerne una o due veramente superlative. Nel public speaking a volte occorre fare lo stesso: radunare cento pensieri intorno al tema, e scartarne novanta.
–Umanizzare l’argomento
In “Art of Readable Writing“, Rudol Flesch inizia un capitolo con la seguente frase: “Soltanto le storie sono veramente leggibili“. Perciò un discorso cattura più facilmente l’attenzione se è arricchito da storie di interesse umano e da casi concreti. Essi possono essere riferiti anche alla propria esperienza personale.
-Personalizzare l’argomento
Raccomandazione simile alla precedente: se si raccontano storie relative ad altre persone, si possono usare i loro nomi, oppure se se ne vuole proteggere l’identità si possono usare nomi di fantasia. La personalizzazione genera immedesimazione, e quindi interesse.
–Specificare l’argomento
Arricchire gli esempi umanizzati di dettagli e particolari gli conferisce maggiore vita e colore. Un test può essere ricorrere alla formula delle cinque domande che ogni reporter si pone: Quando? Dove? Chi? Che cosa? Perchè?
–Drammatizzare l’argomento
Questa raccomandazione richiede l’uso più progredito delle competenze paraverbali, ma può fare la differenza, in termini di coinvolgimento da parte del pubblico, se le citazioni di storie e dialoghi sono arricchite dell’elemento dell’imitazione dei toni di voce. Ad esempio, se si vuole motivare un pubblico a smettere di praticare un vizio come quello del bere, e si riporta la storia di una madre che ha perso il figlio a causa dell’alcool, dare drammaticità al dialogo imitando il timbro ed il tono di un discorso accorato di questa donna, può catturare enormemente di più l’attenzione dei partecipanti.
–Visualizzare l’argomento
Incorporare dimostrazioni visive di ciò che si dice: si possono spendere tante parole per motivare un pubblico ad avere la precisione di un golfista quando colpisce la palla, spiegando tutto il processo di avvicinamento alla pallina e tutto ciò che ne consegue, ma se si mima con l’azione il gesto di impugnare la mazza e colpire la pallina, l’attenzione e la comprensione saranno facilitate.
-Usare parole che evocano immagini
La presentazione più efficace è quella che sa far fluttuare immagini. Le immagini sono come l’aria che respiriamo, fresche, libere e vanno il più possibile utilizzate!
LA ROTTURA DEGLI SCHEMI
Nel libro “Il pubblico nelle tue mani” l’autore narra il racconto dell’intervento di un venditore ad una riunione, dove per motivare il pubblico all’acquisto di un aspirapolvere, dopo un cappello introduttivo, lo stesso ha presentato cosi’ il suo prodotto:
La prima motivazione per la quale dovreste acquistare il nostro aspirapolvere, è che si tratta di un prodotto assolutamente sicuro. Affermazione seguita da una serie di dati sugli incidenti domestici ecc.
Seconda motivazione: la potenza aspirante, affermazione seguita da un’illustrazione più dettagliata delle funzioni dell’apparecchio.
Terza motivazione: la vasta gamma di accessori, seguita da una dimostrazione pratica.
Quarta motivazione: la quarta ragione..ecco vedo che molti di voi hanno già compreso quello che voglio dire…Beh, la quarta ragione è (ancora una pausa)..che questo è un elettrodomestico assolutamente sicuro!“.
Tornando al concetto di ciò che le persone riescono statisticamente a ricordare meglio, si era detto che esse sono:
- le prime cose che vengono dette
- le ultime cose che vengono dette;
- i concetti ripetuti;
- le cose strane ed originali poste all’interno del discorso e che, per contenuto tono o quant’altro si staccano dalla monotonia.
Evidentemente, a questo venditore stava molto a cuore l’aspetto sicurezza, tanto da averlo posto in ciascuno dei 4 punti cardinali.
Alla fine del suo intervento, ha adottato anche quella che si usa dire “rottura degli schemi“: tutti si aspettavano 4 ragioni (lui stesso ne aveva scritte 4 sulla lavagna) ed invece ha ripetuto il concetto relativo alla sicurezza.
La rottura degli schemi consiste proprio in questo: FARE QUALCOSA CHE GLI INTERLOCUTORI NON SI ASPETTANO.
Questo crea l’effetto sorpresa, e staccandosi dal filo conduttore dell’incontro tende a rimanere impresso.
Può essere utilizzata quando si vuole creare un ancoraggio emotivo in chi ascolta, o quando si teme di star perdendo l’attenzione, ma anche per provare a risolvere un conflitto.
Fondamentalmente, lo scopo dell’atterraggio è quello di lasciare una traccia nei partecipanti rispetto a ciò che è stato detto.
L’atterraggio, proprio come su un aereo, deve essere annunciato, e bisogna evitare l’errore che a volte si commette, di annunciarlo e poi di andare troppo oltre, come quando si dice: “Per concludere..”, e poi si prosegue per un’altra mezz’ora!
Quando si dice che si sta concludendo, bisogna effettivamente concludere.
I modi più efficaci per concludere un intervento sono i seguenti:
- Il riassetto dei punti cardine
Ribadendo il presupposto che le ultime cose che vengono dette sono quelle che rimangono più impresse, un buon modo di atterrare può essere quello di effettuare uno schematico riassunto dei punti cardine dell’esposizione: in questo modo si abbina l’effetto di lasciare tra le ultime cose i concetti chiave, all’effetto ripetizione.
- Chiamare all’azione
A volte tra gli obiettivi di una prova di public speaking, c’è quello di raggiungere un risultato concreto, come ad esempio un incremento delle performances commerciali da parte dei venditori. In un contesto del genere, la chiamata all’azione può essere un ottimo modo conclusivo, purchè la richiesta sia realizzabile, il più possibile specifica, e venga facilitata in quello stesso momento. Quindi, anzichè dire genericamente: “Mi aspetto che miglioriate le vostre performance tramite un diverso tipo di approccio telefonico al cliente”, è molto più efficace dire: “L’obiettivo che ciascuno di voi è impegnato a realizzare è aumentare la produttività del 10% rispetto al mese precedente. Questo passa anche attraverso un differente approccio di contatto, mediante questo schema di telefonata di cui vi rilascio copia scritta”.
- Metafora/aneddoto/citazione
Questa è la modalità di atterraggio che ho visto usare a grandi formatori come Max Formisano, e che se ben utilizzata, è estremamente efficace. Proprio perchè le storie sono leggibili, e le metafore se ben costruite arrivano a parlare all’emisfero destro del cervello, alla parte più emotiva. Una metafora può essere utilizzata per svariati scopi, compreso quello di motivare: in questo caso, la chiamata all’azione viene fatta in modo indiretto, che può lasciare una traccia più forte nella mente dei partecipanti.
Le metafore hanno lo scopo di oltrepassare le barriere razionali e di elicitare un determinato stato d’animo, e per essere davvero efficaci devono avere queste caratteristiche:
devono essere isomorfiche, ossia devono avere la stessa forma rispetto alla platea a cui si parla: ad es. un insegnante che stesse parlando a dei genitori e volesse utilizzare delle metafore, dovrà parlare di qualcosa che ha a che fare con la famiglia, quindi parlerà di una famiglia di caffettiere, o di scoiattoli, purchè parli di una famiglia. Se parlasse invece di una famiglia vera e propria, non starebbe utilizzando una metafora, e le barriere razionali potrebbero ergersi a difesa della parte più emotiva a cui si vuole accedere.
devono essere sensorialmente basate, utilizzando il linguaggio V – A – K: una cosa è dire “Votate per me e risolverò molti problemi che oggi vi fanno soffrire e vi impediscono di sentirvi tranquilli per i vostri figli“, un’altra è dire “Immaginate domani di camminare finalmente su questa strada, di non vedere più tutti questi palazzi diroccati, di poter dire a voi stessi quanta strada avete fatto...”.
devono essere accompagnate dalle sottolineature analogiche: esse sono le sottolineature che possono essere fatte con i propri “evidenziatori” naturali, di tipo paraverbale (volume, tono, ritmo) e di tipo non verbale come i gesti, sottolineando le parti più importanti del messaggio che si vuol fare passare, con la voce ed il linguaggio del corpo.
- Mettere un video o una musica
Anche questo può essere un modo per creare impatto e lasciare una traccia nei partecipanti, proiettando un video che contenga un messaggio importante e congruente con l’obiettivo della presentazione, o una musica utilizzata in momenti particolari delle sessioni di aula ed associata a stati emotivi positivi, in modo tale da creare un effetto di ancoraggio.
- Lasciare spazio a domande o ad un girotavola: personalmente, non prediligo questa modalità in quanto mi pare meno di impatto e può pure presentare dei rischi, tra cui quello di dare adito ad obiezioni che non si avrebbe probabilmente tempo per gestire.