La parola “comunicazione” è al giorno d’oggi inflazionata, ed usata in svariati ambiti.
In realtà la comunicazione, nella sua accezione più autentica è quel processo che mette in rapporto due o più persone, consentendo loro di scambiarsi dei messaggi.
Anche questa è una forma di comunicazione: mentre io costruisco questa pagina del blog, sono l’emittente del messaggio, chi invece mi leggerà è il soggetto ricevente, che deve decodificare l’input ricevuto. Stando cosi’, la comunicazione sembrerebbe un processo lineare, ma nella realtà di tutti i giorni le cose sono più complicate, e possono esserci diverse interferenze.
La comunicazione umana infatti è caratterizzata da una spiccata soggettività, data da tutta una serie di filtri di tipo mentale, culturale, sensoriale ecc.: si pensi all’ambiente, ai valori personali, ai riferimenti passati, agli stati d’animo, insomma a tutti quegli elementi che costituiscono il sistema rappresentazionale di un individuo, definito come sistema fondamentale.
Una delle teorie e delle prassi maggiormente utilizzate nella formazione per spiegare i processi comunicativi, è la pnl, un cui presupposto afferma:
LA MAPPA NON E’ IL TERRITORIO!
In questa semplice vignetta ne vediamo un esempio: entrambi i soggetti sono convinti di avere ragione, e finiscono per discutere!
In realtà non esiste una mappa giusta ed una sbagliata ma semplicemente due differenti rappresentazioni della realtà, proprio perchè ognuno di noi vive ed ha esperienze diverse. Si ricorda infatti che la propria mappa del mondo è data dall’insieme delle influenze ambientali ricevute e dai riferimenti passati, dai valori e dalle convinzioni.
Per dare un riflesso più immediato di quanto le precedenti esperienze possano influenzare la propria percezione della realtà, riporto il celebre esperimento tratto da S. Covey nel suo “Le 7 regole per avere successo“.
Il grande formatore crea due gruppi. Al primo fa vedere l’immagine postata appena sotto:
Chiede agli allievi: che ritratto vedete nella figura? Più o meno tutti vedono una donna giovane.
Al secondo gruppo, fa vedere quest’altra immagine:
Ed in questa immagine, gli allievi dell’altro gruppo vedono una donna anziana.
Poi riunisce le classi, e fa vedere una terza immagine:
E’ l’immagine, per cosi’ dire “ibrida” che contiene entrambe le figure precedenti: la giovane e la vecchia.
Soltanto che gli allievi che facevano parte del primo gruppo ed avevano visto in origine il ritratto della donna giovane, continuano a vedere soltanto la donna giovane.
E viceversa i colleghi dell’altro gruppo, che invece continuano a vedere la vecchia. Questo per un buon campione di soggetti sperimentali.
Entrambi avevano ragione, ma i loro precedenti riferimenti avevano influenzato la percezione dell’esperienza.