Questo articolo nasce da una personale riflessione, legata al fatto che le persone con cui interagisco superficialmente, a volte, mi danno del presuntuoso, mentre nessuno tra i conoscenti stretti mi etichetterebbe in tal modo (ma, forse, sono presuntuoso a pensarlo..).
Ho voluto quindi addentrarmi nei meandri di questa parola, il cui etimo deriva dal latino ‘’praesumptus’, participio passato di ‘’praesumere’’, che in lingua dotta significa ‘’prendere prima, anticipare’’.
Sembrerebbe una qualità positiva; eppure il presuntuoso combacia con un profilo umano che ci suona sgradevole, a volte pernicioso.
Chi risponde a questo profilo, nell’accezione comune, crede di avere qualità superiori, ed una fiducia assoluta nelle proprie doti, slegata dai riscontri oggettivi: la credenza deve essere mal riposta, o perlomeno esagerata.
Scavando nell’essenza del verbo ‘’praesumere’’, si nota come questo non indichi degli atti mentali negativi, ed anzi possa avere un rilievo logico importante. Letteralmente, il presumere ci consente di attingere ad un elemento dalla realtà, prima che esso si sia manifestato con evidenza.
Così, posso presumere che, a seguito dei lavori stradali che riguardano proprio il quartiere in cui vive, il mio cliente farà tardi all’appuntamento, o che un mio amico non sarà reperibile fino a tarda mattinata perché ha trascorso una notte brava.
Nello stesso tempo, posso presumere qualcosa anche di me stesso: ad esempio, presumo che riuscirò a correre 10 chilometri senza fermarmi mai, anche se abitualmente ne percorro 5, oppure che sarò in grado di sostenere un dialogo molto “easy” in lingua inglese.
Il problema si presenta quando l’esagerazione fa esondare il presumere dalla realtà.
Se dico che di chilometri ne posso correre cinquanta, o che posso sostenere una conversazione tecnica con un madrelingua inglese, sconfinerei dal recinto delle mie effettive capacità.
Questa è la sostanza della presunzione: presumere troppo da sè.
Ma la presunzione ha anche un’altra faccia, che si allontana da questa sostanza ed è più apparenza che realtà, e che può essere ingannevole nei rapporti fugaci.
Cosa dire, infatti, quando persone che hanno capacità straordinarie in un determinato campo, sono presuntuose rispetto a questi tratti oggettivamente eccellenti?
Personalmente, mi è capitato più volte di incontrare artisti, o professionisti a cui mi sono affidato (medici, avvocati ecc.), che erano presuntuosi: lasciavano intendere di poter presumere molto da sè.
E, presumendolo, non stavano riponendo fiducia in una credenza illogica.
Io, alla falsa modestia, preferisco un’onesta e motivata presunzione.
Se, di fronte a due persone che su qualcosa sanno di saperne molto, devo scegliere tra chi dice ‘’Io sono l’ultimo a poterne parlare’’ e ‘’Io sono un’autorità in questo campo”, scelgo la seconda.
Il cronista Giovanni Villani, nel Trecento, racconta che ‘’Dante per lo suo savere fu alquanto presuntuoso’’.
Ecco che allora, il ‘’troppo’’ insito nel presuntuoso non è solo un troppo misurato rispetto alla realtà delle risorse, che oggettivamente possono essere all’altezza della credenza: può anche essere un ‘’troppo’’ squisitamente sociale, che sprizza troppa poca immodestia per poter risultare simpatico.