Accingendomi a scrivere questo articolo, mi sono scoperto sorpreso di non averlo programmato come primo o al massimo secondo pezzo.
Una parte molto viva del blog è data dalla raccolta di metafore, leggende, storie con una morale, le quali attingono soprattutto dalle mie esperienze nel campo della formazione, e questa è stata in assoluto la prima leggenda di cui ho sentito parlare durante un corso.
E, in quanto prima, non poteva essere dimenticata!
Correva l’estate del 1999, e stavo partecipando ad un seminario introduttivo ad una possibile carriera in un network assicurativo: non si trattava quindi di un corso di formazione vero e proprio, ma, al netto dei toni eccessivamente enfatici e propagandistici connessi all’obiettivo di reclutare nuovi adepti per il network, ricordo che in quelle due giornate vennero trasmessi diversi contenuti di valore.
In realtà fu quello il mio primo corso motivazionale, dove ad un certo punto il relatore disse:
“E’ stato scientificamente dimostrato che il calabrone ha delle ali troppo piccole rispetto al suo corpo per poter volare, VOLA SOLTANTO PERCHE’ NON LO SA”.
Molti ne sono effettivamente convinti, ed in effetti le sue ali sembrano due veline leggerissime e lucide, ma qual è il vero punto di vista della scienza?
La leggenda del calabrone pare essere nata intorno agli anni ’30, quando un entomologo francese, in un trattato sul volo degli insetti, asseri’ che le sue ali fossero troppo piccole per fare presa sull’aria e consentirgli il volo. L’insetto, dunque, avrebbe la natura a favore ma la scienza contro.
Com’è possibile questo?
Innanzitutto c’è da dire che l’insetto di cui parlava lo scienziato, non era il calabrone, ma il bumblebee, cioè il bombo.
La posizione attuale della scienza è che, anche se le ali del bombo sono molto piccole, esse però non sono lisce, ma molto ruvide e frastagliate, e quindi dotate di un maggiore coefficiente di attrito che unito all’elevata velocità a cui si muovono, sostengono l’insetto.
Nessuna magia dunque.
E’ interessante notare che fu lo stesso scienziato francese, dopo aver rifatto i calcoli, a smentire pubblicamente la sua congettura, ma tale correzione non venne più di tanto accreditata.
La credenza infatti era romantica e suggestiva, la smentita fredda e di pura ragione.
Essa racchiude, secondo me, la potenza ispiratrice dell’idea che è possibile spiccare il volo verso i propri obiettivi grazie ad un principio quasi magico di creazione della propria realtà ed autodeterminazione, al di là dei propri limiti, delle pastoie del passato e di ciò che la ragione riterrebbe possibile.
Nel volo impossibile, perché incosciente, del bombo c’è anche lo slancio della forza più innata e spontanea, sganciata dalle reti delle elucubrazioni e dell’iper-razionalismo, dai difetti dell’introspezione senza tregua, che da arricchimento diventa a sua volta pastoia, perché se di fronte ad ogni nuova impresa che ci attende, ci mettessimo ad elaborare analiticamente tutti i motivi per cui essa potrebbe fallire (pensando agli errori commessi in passato, o a ciò che ci dicono gli altri), probabilmente ci schianteremmo spesso in terra.
Dunque concludo il mio scritto in modo scientifico, ma con una venatura di romanticismo: il bombo può volare e rispetta in pieno le leggi della fisica, ma, se conoscesse tutte le dissertazioni tecniche che nel corso dei decenni hanno provato a descrivere questo suo atto primigenio, forse volerebbe meno leggero e spensierato.
Credo fermamente che la prossima grande conquista sarà proprio la consapevolezza dell’essere co-creatori della nostra realtà. Noto sempre più Risveglio intorno a me e saremo veramente liberi quando finiremo di incolpare l’ Altro.