In questi ultimi anni ho avuto la fortuna di diventare zio, e di costruire un rapporto speciale con il mio nipotino.
Mosso dalla curiosità di conoscere l’etimologia di questo termine breve e leggermente cacofonico, ho scoperto con sommo stupore che esso deriverebbe nientemeno che dal greco θεϊκός, “divino”; nemmeno a dirlo, ho provato un sentimento di orgoglio ed entusiasmo, unito alla motivazione di approfondirne i significati.
Ed ho potuto appurare che nel passato della nostra società, lo zio era una figura quasi divina.
In particolare, lo zio materno.
Nel Medioevo la sua posizione era cosi’ importante che l’intreccio di diversi romanzi cavallereschi ruota attorno ai rapporti tra zio materno e nipoti: nella “Chanson de Roland” ad esempio, l’eroe ha un intenso rapporto con lo zio Carlo Magno, mentre suo padre non viene mai nominato.
L’intensità dei sentimenti che unisce i due risalta eloquentemente dalle parole attribuite a Carlo Magno da un altro romanzo cavalleresco; quando Rolando lo lascia per andare a combattere, l’Imperatore geme:
“Se io vi perdo/ tutto solo dovrò restare/ come la povera dama quando ha perso il suo sposo”.
Secondo gli etnologi esistono tuttora diversi gruppi etnici, situati in Cina, in Nepal, in India ed in Africa, dove la cellula familiare si compone di un fratello, di una sorella, e dei figli di quest’ultima, che sono perlopiù il frutto di rapporti sessuali furtivi e consumati con qualsiasi uomo non imparentato. Conoscere con esattezza quale di questi amanti sia il padre è impossibile, e d’altronde non esiste nemmeno un termine con cui identificare il ruolo di “padre” o di “marito”.
Lo zio materno perciò era ed è un caposaldo in quei modelli di organizzazione familiare in cui gli uomini della stessa linea di discendenza della madre rivestivano un ruolo fondamentale nell’educazione dei figli, anche perchè la madre era l’unico genitore certo.
L’evoluzione della struttura sociale e delle consuetudini, che non attribuiscono più un ruolo regolatore delle relazioni sociali alla parentela a scapito dell’istituzione del matrimonio, hanno svuotato di significato la figura dello zio.
Come fargli riacquisire parte del suo valore primigenio di “madre maschile”?
Forse ricordando che uno zio, ancora oggi e per una serie di motivi, può essere un mentore.
Un mentore generazionalmente più vicino rispetto ai nonni, e non in competizione come può accadere con i coetanei.
Uno zio inoltre, non essendo il depositario dell’autorità paterna e non avendo un ruolo sanzionatorio, può permettersi di avere un atteggiamento più morbido e di essere dispensatore di tenerezza e liberalità, facendo digerire i divieti ed assimilare i conflitti, e raccogliendo le più intime confidenze che non ci si sente di condividere con i genitori.
Tuttavia da vero mentore, non metterà mai in ombra la madre ed il padre.
Il neurologo britannico Oliver Sacks, ha scritto un tenero racconto autobiografico chiamato “Zio Tungsteno-Ricordi di un’infanzia chimica”, in cui racconta l’amore dei suoi primi anni di vita per i metalli.
Il loro bagliore e lucentezza catturavano i suoi sogni di bambino, ma i genitori ad un certo punto non volevano sentirne più parlare, perché per lui avevano in serbo la carriera medica.
Il canale di accesso a quel mondo fantastico divenne per lui lo zio Dave, che soprannominò “Zio Tungsteno”, perché possedeva una fabbrica di lampadine, e maneggiava sempre polvere di tungsteno. Poiché le mani dello zio erano diventate tutte nere, il piccolo Oliver si era convinto che il metallo gli fosse magicamente entrato nelle viscere conferendogli dei superpoteri.
Superata l’adolescenza, Oliver decise spontaneamente di mettersi sulla strada sognata per lui dai genitori, e divenne in seguito il professor Sacks.
Ma quei lunghi pomeriggi passati a sporcarsi le mani con zio Tungsteno, gli fecero amare anche la chimica fino all’ultimo giorno della sua vita.
I genitori seppero rappresentare il porto sicuro che gli indicò la direzione maestra della carriera accademica, ma zio Tungsteno fu la boa da abbracciare ogni tanto in mezzo al mare, per avere anche un altro punto di vista sul mondo.