Oggi voglio attaccare uno di quei concetti retorici che non ho mai condiviso: l’‘’essere se stesso’’.
Sembra essere una di quelle frasi jolly capace di mettere tutti d’accordo, distillando un buon senso inattaccabile.
‘’Papà”, potrebbe chiedere il ragazzo indeciso, “oggi esco per la prima volta con una ragazza che mi piace tanto. Come mi consigli di comportarmi?’’.
”Sii te stesso” potrebbe rispondergli il genitore, e nessuno avrebbe da obiettare.
Il sii te stesso, nel senso comune, viene messo in contrapposizione al diventare qualcuno: suonerebbe come un inno alla scoperta di sè ed all’autorealizzazione, in contrasto agli incipit sociali che vorrebbero imporci di “diventare qualcuno” perseguendo un successo fondato soprattutto sull’approvazione altrui e non in sintonia con i propri bisogni.
Stanislaw Lec però diceva:
Diventare qualcuno non è la negazione di essere se stessi, ma ne è il presupposto; diventare qualcuno prima di tutto per noi stessi.
Diventare qualcuno è un processo, una tensione, un divenire, che implicano un dinamismo sconosciuto al concetto statico dell’essere se stesso.
La retorica dell’essere se stesso, oltre che insipida, appare finanche controproducente se si pensa che ogni individuo organizza un primo significato di sé in età precoce, sulla base dei giudizi rispecchiati delle persone per lui significative.
Continuando a crescere ed a maturare, egli svilupperà una chiara percezione di sé come individuo con certi tratti e caratteristiche, e del suo ‘’essere’’ nel mondo e nelle relazioni con gli altri; perché mai dovrebbe accettare questa percezione parziale, come rappresentazione autentica del sé?
Non solo: questa percezione di sè, connotata in senso biologico, psicologico ed emotivo, sociale ecc., coincide in buona misura con il sistema di convinzioni che l’adolescente ha costruito interagendo con l’ambiente, ed interpretando soggettivamente le esperienze di vita.
Peccato che nella maggior parte dei casi, queste credenze non sono state scelte consapevolmente, ma indotte da varie fonti di indottrinamento: l’ambiente sociale e familiare, ed i mezzi di comunicazione di massa.
Paradossalmente, più scegli di essere te stesso, più tradisci te stesso ed il tuo potenziale.
Io a 16 anni ero timidissimo.
Ma anche a 20 anni.
Ero pessimista.
Ero rinunciatario.
Se avessi ceduto al diktat dell’essere me stesso, non avrei lavorato sulla mia persona per espandere i confini della mia identità, e per attingere al mio vero potenziale.
Mediamente, una persona utilizza nemmeno l’1% delle potenzialità lessicali messe a disposizione dal proprio idioma; lo stesso si potrebbe dire delle infinite potenzialità del cervello umano, e delle molteplici possibilità legate al fare, tutte sfruttate in parti infinitesimali.
Orison Swett Marden amava dire che ‘’..nel profondo dell’animo umano albergano sopiti poteri, poteri che lo stupirebbero e che egli non ha mai sognato di possedere..’’.
Se fossi il padre di quel figlio che non ho, gli direi allora di impegnarsi a diventare il suo vero se stesso: quel se stesso ancora sonnecchiante nei poteri del suo potenziale.