L’atleta cecoslovacco Emil Zatopek, detto anche “La locomotiva umana” è stato uno dei più grandi corridori di lunga distanza della storia olimpica.
La più grande impresa associata al suo nome è la tripla medaglia d’oro alle Olimpiadi di Helsinki del 1952.
Zatopek, ormai trentenne, nell’arco di una settimana conquistò la medaglia d’oro nei 5.000 mt. e nei 10.000 mt. piani. Non pago, decise in extremis di gareggiare anche nella maratona (oltre 42 km.), dove vinse la sua terza medaglia d’oro, tra la generale incredulità.
Ci sono infatti alcuni particolari importanti da aggiungere alla sua storia: Emil Zatopek quel giorno di Luglio del 1952 correva per la prima volta in vita sua la maratona! Malgrado questo, riusci’ a stabilire il nuovo primato olimpico!
Quell’incredibile risultato non era naturalmente casuale, ma era il frutto soprattutto di un regime di allenamento quasi militaresco: la sua motivazione a migliorarsi era tale che per le strade del suo paese flagellato dai bombardamenti dell’immediato dopoguerra e dalla neve che di inverno cadeva copiosa, si allenava indossando pesanti stivali da guerra.
Zatopek inoltre era sbeffeggiato dai cronisti dell’epoca e bersaglio dell’ironia di alcuni spettatori per uno stile di corsa non proprio leggiadro: basta fare una ricerca delle immagini che lo immortalano per accorgersi che non era un campione di stile, con il volto segnato da una smorfia perenne, il collo storto e la postura scoordinata.
Per rispondere all’ironia di chi gli diceva che non fosse un vero talento della corsa lui rispose:
“Non ho abbastanza talento per correre, e sorridere insieme”.
Ad avvalorare ancor di più la sua impresa, c’è da aggiungere un particolare: in quella maratona si era trovato a competere contro uno degli specialisti più forti dell’epoca, il corridore britannico Jim Peters, che deteneva il record olimpico.
C’è un episodio della maratona olimpica di Helsinki impresso negli annali: a metà gara, Zatopek e Peters sono appaiati. Il cecoslovacco, non avendo esperienza di gare così lunghe, chiede all’antagonista se il loro ritmo non sia troppo accelerato. Peters sa che stanno andando tutti e due molto forte, ma nell’intento di far stremare l’avversario gli dice che secondo lui stanno correndo “troppo piano“.
Queste parole gli furono fatali.
“La Locomotiva” sbuffa e accelera, (il nomignolo gli deriva proprio dal frequente sbuffare) Peters tenta di tenere il passo, ma si arrende dopo pochi chilometri.
Zatopek arriva trionfante all’ingresso nello stadio olimpico, battendo il precedente record di 6 minuti netti.
Emil Zatopek, che diventò una specie di leggenda nel suo paese, ci ha lasciati nel Novembre del 2000.
La storia di Emil Zatopek è una bellissima lezione sulla perseveranza e sul sentirsi “in tempo”.
Egli infatti riusci’ a realizzare la sua più grande impresa sportiva a 30 anni, un’età parecchio avanzata per una disciplina logorante come la corsa sulla lunga distanza.
Quante volte ci è capitato di sentirci in ritardo nella vita? Forse ci è accaduto di fallire un’opportunità professionale importante, oppure di perdere una persona a cui tenevamo pensando che non avremmo mai più trovato una relazione altrettanto privilegiata.
Io stesso, a 27 anni, mi sentivo troppo “vecchio” per cominciare a fare teatro, pensavo di aver perso troppo tempo per intraprendere questa esperienza!
Sicuramente molti si sono realizzati prima di noi, ma non dobbiamo interpretarlo come il segno di una eterna incompiutezza: possiamo sempre fare in tempo a mettere gli scarpini ed a correre una buona maratona.
In fondo la vita non è una corsa sui 100 metri, i successi ed il buon vivere si misurano sulla lunga distanza.
E nessuno ci obbliga ad essere perfetti ed impeccabili (se non le nostre stesse idee perfezionistiche): anche il nostro “stile” può non essere perfetto, del tutto aggraziato, a volte potremo sentirci goffi ed impacciati e, tornando alla metafora del palcoscenico, qualcuno tra il pubblico potrebbe anche deriderci o fischiarci. Ma questo non significa che non potremo recitare al meglio la nostra parte, che non potremo fare un bello spettacolo!
A patto di avere quella cocciuta perseveranza del maratoneta.
Pochi anni prima dei trionfi che lo avrebbero incoronato come uno dei re dell’atletica leggera, Zatopek era bloccato a Praga e per non perdere la sua prima gara internazionale a Berlino si adattò a raggiungere la capitale tedesca in bicicletta! Niente agi, niente comodità: un’allegra pedalata di 350 km lungo strade ancora martoriate dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Ora, pensiamo a quelle famose telefonate di affari che rimandiamo da settimane, o a quel vecchio proposito di farci un allenamento di mezz’ora nella piscina o nel parco sotto casa per il quale però non abbiamo il “tempo”.. siamo sicuri che sia proprio cosi’? O forse è solo una delle tante storielle che ci raccontiamo?
La perseveranza implica l’accettazione del disagio, di alcune condizioni difficili, di fare qualcosa che magari in quel momento sarebbe l’ultima che desidereremmo fare..ma una volta ingranata la marcia, potremmo diventare inarrestabili.
Ed implica un’altra cosa: fare la nostra corsa! L’avversario di Zatopek voleva condizionarlo, come a volte, magari a fin di bene, possono fare i nostri genitori o il nostro partner ed amici. Ricordiamo che siamo vivi, non per correre la loro gara, ma per correre la nostra!