Pochi giorni fa è venuto a mancare un mio collega.
Prendo un treno per partecipare all’ultimo saluto, ed arrivo in una cattedrale francescana, dove un’ampia scalinata sospinge i cuori vestiti a lutto, dentro una lunga navata dal sapore barocco.
E’ uno di quegli appuntamenti in cui il contatto sia pure di riflesso con la Fine, mi ghermisce di dubbi irrisolti.
Scruto attorno a me tante anime sinceramente addolorate, per questa persona che ha lasciato il corpo; quando le spoglie vengono prelevate dagli addetti funebri per l’ultimo viaggio verso il camposanto, sotto una musica struggente di violino, si eleva un applauso pieno di Amore.
Una lezione di attaccamento e gratitudine.
Eppure, questa persona, non lo saprà mai.
Forse lo avrà immaginato, quando la Fine stava per farsi annunciare come ospite il più delle volte indesiderato, ma non potrà averne memoria.
A cingermi le tempie, mentre scorrono i riti liturgici, è il grande tema della coscienza.
Siamo gli esseri viventi più dotati di coscienza, che il Leopardi vedeva come dono funesto, ma dimoriamo lungamente nell’incoscienza.
Così è alla fine.
Così è al principio.
Sono circa due mesi e mezzo fa, il mio nipotino compie 6 anni. Partecipo alla festa con lui ed i suoi amichetti, torno bambino anche io, schiacciando palloncini come frittelle in un’improvvisata partita di pallavolo.
Negli occhi di questo bimbo c’è tutto: la gioia, lo stupore, l’estasi, la vocina è un gaio singhiozzo di emozioni.
Eppure, questo bambino, di quel giorno, e dello zio che schiacciava palloncini come frittelle, non ricorderà nulla.
Quasi nessuno può avere ricordi nitidi prima dei 9, 10 anni di vita.
Tutto quello che accade prima, è un misterioso sogno da svegli, un sogno che per alcuni bimbi è popolato da fatine e maghetti e per altri purtroppo di orchi; eppure, quel sogno plasmerà la nostra coscienza, e chi saremo quando ci sveglieremo.
Ecco cosa penso: siamo gli esseri più coscienti che esistano, ma la nostra coscienza si plasma nell’incoscienza, e spenge i riflettori prima dell’importante ed ultima lezione.
La coscienza inoltre, non è soltanto discontinua e labile, ma anche lentissima a formarsi; è sempre tardiva e mai in presa diretta con la realtà.
Pensiamo al bambino che si risveglia dal sogno e diventa adolescente: è al riparo dalle grane vere della vita, ha chi si occupa materialmente di lui, i problemi più gravosi che ha sono i compiti e le interrogazioni, o la prima cotta.
Dovrebbe essere spensierato.
Ma non lo è, perché la spensieratezza è tale se si piò avere coscienza di questa, ma si può avere coscienza di un tempo solo dopo averlo vissuto.
L’adolescente vive con pathos l’interrogazione, solo quando sarà adulto comprenderà che i problemi della vita sono altri, come la malattia di un genitore o il mutuo da pagare.
L’adulto svoltata la boa dei 40 proverà nostalgia per la giovinezza rapita, si sentirà vecchio, soltanto quando avrà tutti i capelli bianchi e tanti anni in più, capirà che in realtà era ancora giovane.
La coscienza è cinica e bara, è il volto tardivo dell’impossibilità perché arriva sempre dopo: se io oggi guardo una mia foto di quando avevo 12 anni, provo tenerezza, ma a quell’età non potevo provarla.
A livello di coscienza, non è l’adolescente il vero adolescente ma l’adulto, e non è l’adulto il vero adulto ma l’anziano.
La coscienza quindi, non è mai di una presenza ma sempre di un’assenza, e può soltanto lasciarci il dono di godere della sostanza di ciò che c’è stato prima: sarà godimento, o rimpianto, a seconda dell’impegno che metteremo a giocare la nostra partita.
Molto toccante questo pezzo. Sono convinta che invece il tuo nipotino ricorderà nitidamente la giornata del suo compleanno trascorso con te e gli amichetti. Magari un giorno, un evento apparentemente banale scatenerà in lui in modo veementale tale rimembranza, sulla falsariga di “Alla ricerca del Tempo Perduto” di Proust! Sono altrettanto convinta che il tuo Amico dalla invisibile dimensione presso la quale si è spostato, ha visto tutto e ha percepito tutto quell’ Amore che ora lo sta sostenendo nel suo nuovo percorso, prima di tornare su questo Pianeta o (perché no?) su un altro ancora. Ti abbraccio!