C’era una volta un giovane, che arrivato all’età di 35 anni si trovava in uno stato di indigenza, e spesso doveva chiedere denaro in prestito ai suoi genitori per fare colazione o mettere benzina all’auto.
Aveva scelto di farsi strada in una professione prestigiosa ma anche inflazionata, così dopo qualche anno di pratica professionale navigava ancora in alto mare.
Poi, grazie alle buone conoscenze informatiche e ad una tenacia ed applicazione fuori dal comune, ebbe un’idea che sparigliò le carte in tavola: nel giro di soli due anni, riuscì a costruirsi uno stipendio di tutto rispetto che gli permise anche di andare a vivere da solo.
Come egli stesso ha avuto modo di proferire, ”gli sembrava di toccare il cielo con un dito”.
Passa un lustro o poco più, e cosa succede?
Il professionista dalle tasche prima spiantate e poi ingrassate.. è diventato ‘’mezzo’’ milionario!
Essendo diventato ricco, buona parte del suo fatturato se ne andrà in tasse, e di questo ne è consapevole, ed infatti lo aveva accantonato, anche se aveva sottostimato il prezzo del balzello: trattasi di quasi mezzo milione di euro, coerentemente con il suo nuovo status di mezzo milionario.
Cosa succede allora?
Succede che rabbia e sconforto lo accompagneranno per giorni, fino all’ineluttabile presa di coscienza ed accettazione del fatto.
Il protagonista ha attraversato tre scale di economia personale i cui gradini sono indigenza finanziaria, benessere ed infine ricchezza; eppure, su questa ultima e dorata scala, il protagonista ha provato delle sensazioni intensamente negative rispetto alla sua situazione finanziaria, che non aveva invece provato quando portava a casa il suo stipendiuccio di 3.000€ al mese.
Qual è la morale di questa storia?
La morale è quella ben nota agli studiosi di finanza comportamentale: le emozioni che proviamo in relazione al denaro, sono largamente influenzate dalle nostre percezioni, più che da calcoli razionali ed oggettivi.
Su queste percezioni, una forte influenza lo esercita il cosiddetto principio di perdita: la mente umana ha difficoltà a tollerare la perdita, indipendentemente dal calcolo razionale legato al suo impatto economico.
Immaginiamo una persona che una mattina esca di casa e cominci la giornata con una multa, e che poi per rifarsi faccia una giocata al lotto istantaneo e vinca una somma pari al doppio di quella originariamente sottratta: tendenzialmente tornerà a casa felice.
Invertendo i tempi dei due eventi (prima la giocata vincente, poi la multa), sempre tendenzialmente, questa persona rincaserebbe irritata e frustrata.
La sua economia è intatta, ha sempre guadagnato il doppio rispetto a quanto ha perso, ma nel secondo caso ha esperito il principio di perdita.
Il principio di perdita può condizionare pesantemente la nostra vita: pensiamo ad un trader di borsa, che non accettando una perdita magari di modesta entità, faccia di tutto per riscattarla avventurandosi in operazioni insensate e mettendosi seriamente a rischio di bruciare tutto il suo capitale.
Ma questo principio può interferire negativamente anche con aree ulteriori rispetto a quella finanziaria: pensiamo ad esempio a chi viene lasciato dal partner, ed anziché prendersi una pausa e riflettere sui motivi che hanno determinato la fine del rapporto, si ingaggia in relazioni inappaganti o addirittura svilenti.
Se vogliamo avere una maggiore padronanza della nostra vita personale e finanziaria, dobbiamo imparare a riconoscere l’azione di questa forza sul momento, quando rischia di fare i danni più grandi, ed a mitigarne l’effetto.
In un prossimo articolo, tornerò a parlare del principio di perdita e di alcune possibili strategie per contrastarlo.