Il 28 Marzo, durante uno dei miei pomeriggi in poltrona da malato, mi è balzata casualmente agli occhi la notizia della scomparsa di Gabriella Sturani, avvenuta il giorno prima.
Era la Gabri della famosa canzone di Vasco Rossi, uscita nel 1993.
In un’intervista rilasciata una decina di anni fa, la donna aveva raccontato di aver visto per la prima volta il cantante in un locale di Rimini, nel 1980, quando la sua notorietà era ormai sul punto di esplodere; un amico che era con lei nel locale lo conosceva e ci fu una sorta di presentazione, ma lei era ancora una bambina, aveva solo 13 anni, e di quel Vasco Rossi proprio non ne aveva sentito mai parlare.
Poi arrivò un giorno di un paio di anni dopo, dove alla ragazzina che sta crescendo, passò tra le mani un album con la faccia del cantante e lei si disse, tra sé e sé. ‘’Ma io a lui lo conosco’’.
Ormai il rocker scanzonato e trasgressivo sta cominciando a macinare successi e gloria.
La ragazzina ha un solo desiderio, comune chissà a quante altre: conoscere il Blasco!
Ma lei non è una delle tante, lei é Gabri, e realizzerà il suo sogno l’11 Luglio del 1983, durante un concerto al Baccara di Lugo, in provincia di Ravenna.
Dopo avere incontrato un tale che lavorava nello staff di Rossi, e che era amico del fratello della ragazza e conosceva anche i loro genitori, malgrado quest’uomo avesse cercato in ogni modo di dissuaderla, alla fine dovette arrendersi alla determinazione di Gabri, indicandogli la stanza del cantante.
Gabri raggiunse la porta, entrò, la chiuse, e gli disse:
‘’Adesso non mi scappi più’’.
Quella porta restò chiusa due anni: tanto durò una relazione folle, tra l’astro nascente del rock, ed un’inarrestabile ragazzina di 16 anni, che avrebbe dato al Blasco il suo secondogenito, di nome Lorenzo.
Della canzone dedicata a Gabri, sin da subito mi colpì il suo inizio, quelle poche parole dolci e crudeli nello stesso tempo:
Adesso ascoltami, non voglio perderti/
Però non voglio neanche illuderti/
Quest’avventura è stata una follia/
È stata colpa mia/
Tu hai sedici anni ed io..
Probabilmente, l’incipit del brano mi rimase impresso sin da subito, perché catturava quel gioco di opposti, e quel senso di ambivalenza che permeava già il mio modo di vivere le relazioni.
Così come a suo tempo mi avevano colpito dei brani del grande Lucio Battisti come ‘’Aver paura di innamorarsi troppo’’, quando Lucio canta:
‘’Voler restare/ e invece andare via/ è proprio un vero dolore’’
o la poesia ‘’Non chiederci la parola’’ di Eugenio Montale dove il poeta descrive l’incapacità di esprimere i sentimenti e di aprirsi completamente all’amore, per paura di essere traditi o delusi.
Durante gli anni del liceo, rimasi folgorato dalla poetica del Tasso, che nella Gerusalemme Liberata, e nel merletto erotico tra la musulmana Clorinda ed il cristiano Tancredi, narra in maniera sublime l’impossibilità dell’amore, il cui potere magico è dato dal fatto che appena sopraggiunge una possibilità di realizzarlo, subito arriva una impossibilità a negarlo, una negazione che lo comprime, e lo accende proprio perché lo comprime.
Non voglio perderti/
Però non voglio neanche illuderti/
Quante volte mi sono detto questo..
E forse me lo sto dicendo anche adesso, pensando a una persona che sto perdendo.
Perché al di là di fattori come le differenze di età, di religione o altro, nel mio modo di vivere i sentimenti avverto sempre questa lotta interna tra due forze contrastanti, una che spinge verso l’amore, e l’altra che cerca di resistere ad esso.
Da una parte c’è il desiderio di non perdere la persona a cui si tiene, di coltivare il legame che si è creato, dall’altra c’è il timore di essere feriti o di ferire l’altra.
Mi sono domandato tante volte da cosa possa derivare tale ambivalenza:
Esperienze precoci di attaccamento non sicuro, che mi espongono al timore di abbandono ed alla vulnerabilità affettiva?
Questione di geni e temperamento?
Non lo so, la risposta arriverà quando sarà il momento giusto.
Intanto voglio pensare che questa ambivalenza in fondo, è parte integrante dell’esperienza amorosa in sé, poiché riflette la complessità delle relazioni umane e la lotta costante tra gli istiniti più profondi e le paure più grandi, come l’amore straziato di Anna Karenina verso il Conte Vronshij nel celebre romanzo di Tolstoj.
Un tema universale, che va oltre le parole per Gabri, e la mia sofferenza del momento, che parla dell’eterna battaglia tra la passione e la ragione.