Il coaching nasce come metodologia di incremento delle performance grazie alle elaborazioni in particolare di John Whitmore (venuto a mancare ad Aprile del 2017 e considerato uno dei padri fondatori del coaching moderno) e di alcuni allenatori particolarmente attenti alle dinamiche mentali degli sportivi.
Sin dall’origine, collocabile intorno agli anni ’80, viene applicato in ogni campo di attività che richieda raggiungimento di obiettivi o incremento di risultati; il coaching quindi è legato all’azione, al comportamento, ai risultati da ottenere sul campo.
Grazie al suo successo si formano presto scuole ed associazioni che ne diffondono l’efficacia.
Attualmente esistono numerose scuole a livello internazionale, e migliaia di coach professionisti, soprattutto in Usa e Gran Bretagna.
Va premesso che il coaching non ha nulla a che vedere con la programmazione neuro linguistica, se non l’utilizzazione di alcuni elementi che possono essere integrati in altre metodologie, tra cui la pedagogia e l’intervento psicologico.
In Italia il coaching viene importato soprattutto nella veste “corporate“, da parte di aziende di formazione ed ex manager: le aziende di formazione lo integrano a metodologie già in essere (come la pnl), offrendolo sia come consulenza che come corso di formazione, mentre gli ex manager, forti della loro esperienza, si propongono come supporto per i colleghi.
Questo incipit del coaching produce come conseguenza quella per cui lo stesso sembra essere un prodotto esclusivo di manager ad alto livello o di aziende di Human Resources di carattere multinazionale, e chi ne usufruisce proviene quindi dal mondo aziendale, target di riferimento di chi propone per la prima volta il coaching.
Solo recentemente, grazie all’esperienza professionale di altri coach, si fa strada una tipologia differente di coaching: il coaching umanistico.
La mia formazione in materia, cosi’ come i concetti espressi in questa sezione dedicata, proviene dal percorso personale svolto presso la “Scuola di coaching umanistico” di Luca Stanchieri, nell’anno 2010, dove mi sono abilitato all’esercizio del coaching.
A differenza del coaching di tipo “corporate” ma anche di altre tipologie in cui la prestazione ottimale viene sempre inquadrata all’interno di uno specifico ambito della vita dell’individuo (ad esempio quella aziendale), nel coaching umanistico la performance è sottomessa ad una strategia di benessere più complessivo che deve essere il più possibile sotto il pieno governo della persona, nei differenti contesti della sua vita.