A volte nella vita, ci si trova nella condizione di domandarsi se convenga seguire la ragione o dare impulso al sentimento.
“Il cuore ha delle ragioni, che la ragione non ha”, sostiene un motto a prima vista molto saggio (ma che a me non è mai piaciuto).
E’ da anni che mi interrogo sulla portata di questo dualismo, tra mente e cuore, chiedendomi se poi esista davvero, almeno nella forma di una insanabile scissione.
La maggior parte delle persone si riferisce ad “emotività” e “razionalità” come se parlasse di entità del tutto contrapposte.
Questa impostazione concettuale risente della forte influenza che sulla nostra cultura ha avuto la filosofia cartesiana.
“Cogito ergo sum”, “Penso e dunque esisto” sosteneva il grande filosofo francese, che era anche un matematico e contribuì a fondare un’idea di conoscenza ispirata alla precisione delle scienze matematiche, operando una drastica dicotomia tra intelletto e sentimento.
La scissione cartesiana venne estesa anche alla relazione tra corpo (res extensa) e mente (res cogitans), permeando altri ambiti del sapere come ad esempio la medicina, che dai tempi di Ippocrate e fino al Rinascimento aveva invece avuto un orientamento organismico, all’insegna dell’integrazione delle componenti materia-spirito.
Se invece mente e corpo vengono scissi, le conseguenze spirituali (psicologiche) delle malattie vengono trascurate, e lo stesso i fattori inversi, gli effetti somatici di conflitti psicologici.
Viene da sé che la scissione cartesiana sia stata ormai superata, e che le scoperte specie degli ultimi decenni sul cervello stiano muovendo in tutt’altra direzione.
Un neuroscienziato portoghese, Antonio Damasio, verso la fine degli anni ’90 ha scritto un testo complesso ma affascinante denominato “L’errore di Cartesio”, in cui sono condensate diverse teorie sulla relazione tra emozione ed intelletto indagate proprio dal punto di vista della ricerca clinica.
Damasio prende spunto dal celebre caso di Phineas Gage, un operaio statunitense che lavorava presso le ferrovie e che nell’estate del 1848 fu vittima di un grave incidente: mentre inseriva una carica esplosiva tra alcune rocce, una barra metallica gli trafisse il cranio.
Miracolosamente Gage sopravvisse, ma come racconta l’autore:
“..il suo carattere, i suoi gusti, i suoi sogni, le sue aspirazioni: tutti cambieranno”.
L’operaio Gage era conosciuto per essere un tipo molto cortese, riservato, ed anche prudente negli affari. Dopo l’incidente però, ebbe un repentino cambio di personalità.
Tale cambiamento, lo portò a diventare non solo bizzarro ed insolente, ma anche avventato ed incapace di pianificare il suo futuro.
Osservando questo ed altri casi simili, Damasio riscontrò come lesioni a centri cerebrali specifici possano condurre a simili alterazioni nel campo della ragione e del sentimento, suggerendo l’interazione dei processi dell’emozione, del sentimento, del ragionare e del decidere.
Damasio ipotizzò anche l’esistenza dei marcatori somatici, intesi come quella gamma di sensazioni fisiche, talvolta viscerali, che possono attivarsi di fronte ad un campo di possibili decisioni.
“..Si immagini che, prima di applicare un qualsiasi tipo di analisi costi/benefici e prima di cominciare a ragionare sulla soluzione del problema, accada qualcosa di molto importante: quando viene alla mente, sia pure a lampi, l’esito negativo connesso con una determinata opzione di risposta, si avverte una sensazione spiacevole alla bocca dello stomaco”
Non è forse vero che, quando ragioniamo su un problema o una decisione da prendere, accada proprio questo, che il corpo emetta dei segnali, sotto forma di sensazioni di avvicinamento od evitamento e di stati somatici, che fungono da allarme od incentivo verso la soluzione da prendere?
Dovrebbe allora risultare più chiara l’associazione tra processi cosiddetti cognitivi e processi chiamati emotivi, e l’esistenza di una forte area di contiguità tra le due sfere.
Una decisione presa a tavolino, analizzando i pro ed i contro, ha anche il suo coinvolgimento emotivo e corporeo, così come la scelta “di pancia” ha il suo valore cognitivo.
Disvelando l’antico errore cartesiano, il detto popolare che il cuore ha delle ragioni che la ragione non ha, mi piace ancora meno, e preferisco pensare ad un cuore che abbia il suo cervello, e ad un cervello che abbia in sé il suo cuore.