Ho passato un’altra estate in sordina, come quella di un anno fa, quando seduto su un bellissimo balcone vista mare, osservando a distanza i colori dorati di un suggestivo tramonto, avevo dato corpo all’idea di scrivere il mio primo romanzo.
Narravo il trasporto di quel momento, la potenza dell’ispirazione, il desiderio sempre più vibrante di lasciare al mondo qualcosa di mio, un atto creativo pervaso dalla volontà di riconnettermi al senso più profondo della mia identità, e di recuperarne i frammenti più significativi, oltre a quello di trasmettere all’esterno il processo di evoluzione della coscienza e di cambiamento interiore.
Purtroppo un anno fa, entrato nuovamente nel vortice della routine e delle incombenze quotidiane, complice anche un importante e impegnativo cambiamento professionale, l’ispirazione di quei giorni si è andata smarrendo ed il mio romanzo è rimasto incompiuto, come un giardino che avevo coltivato con ardore e che improvvisamente si era spogliato dei suoi fiori più vividi.
Quale migliore occasione poteva esserci per riprendere la trama di quel filo spezzato, mi sono detto, di oltre tre settimane di libertà assoluta che l’arrivo delle vacanze estive mi stava riproponendo?
Il fatto singolare, e che non mi attendevo, è che l’incanto di quel balcone al mare non si è ricreato: ero seduto sullo stesso tavolino bianco di un anno fa, scrutando l’identico paesaggio incontaminato, quasi a chiedergli di manifestarsi ancora con la voce suadente di quel lontano senso di connessione, ma stavolta i riflessi dorati del mare all’orizzonte mi sembravano più freddi e distanti, come se pulsassero con un ritmo non più in simbiosi con quello del mio cuore.
Così ho cambiato latitudini, e mi sono spostato nella più scomoda ed angusta stanzetta della mia camera, ghermito dal caldo implacabile e senza più il sollievo della distesa marina e della fresca brezza che carezzava i fogli bianchi di carta su cui cercavo di raccogliere idee; sorprendentemente, in questa cornice meno idilliaca sono riuscito a ritrovare gli echi della sopita ispirazione.
Ho trascorso due settimane esatte, come avrebbe detto Giacomo Leopardi, immerso in una scrittura ‘’matta e disperatissima’’, dalle prime ore del mattino fino a tarda sera, dove ho sentito di avere ritrovato un pieno contatto con la storia che avevo immaginato l’anno prima, che è soprattutto la storia di un periodo particolare della mia vita, collocato alla fine degli anni ’90, dove determinati eventi ed incontri hanno plasmato in modo diverso il mio destino.
Ho percepito questo contatto profondo, ancora più profondo di quello che ero riuscito ad instaurare la scorsa estate, non solo con la mia storia, ma anche con i personaggi che ne hanno fatto indissolubilmente parte, e che mi sono impegnato ad affrescare con tinte ancora più accese, e vive, nelle loro intenzioni ed interazioni, e nella profondità dei loro animi.
Ho arricchito la trama, creato nuovi intrecci e connessioni tra i protagonisti, cavalcando con più audacia le ali della fantasia e dell’immaginazione senza tuttavia perdere aderenza con la realtà del mio vissuto.
Ne sta venendo fuori qualcosa che è un ibrido di generi: autobiografia, romanzo, e saggio; un po’ tutto, ed un po’ niente, come in fondo mi sento io.
Sono a buon punto, anche se ho ancora molto da lavorare.
Come sempre, sta a noi, sta a me, scrivere il finale.