In questo articolo voglio condividere una brevissima storia tratta da una lettura di Mooji, maestro spirituale giamaicano vivente.
E’ la semplice storia di alcune pescivendole che erano solite attraversare una foresta di palme per raggiungere il mare, dove attendevano il ritorno dei pescatori da cui avrebbero acquistato il pesce da rivendere nel mercato del villaggio.
Una sera tre di loro mentre si trovavano nel fitto del bosco, vennero sorprese dal monsone che scoppiò violentemente con i suoi venti e piogge, così intense da farle temere per la loro vita.
Fortunatamente si accorsero che a poca distanza da dove si erano fermate, c’era una graziosa casetta in cui viveva una fioraia, la quale le scoraggiò a proseguire il loro viaggio, dicendole che era troppo pericoloso.
‘’Fermatevi qui stanotte’’, le disse con tono accogliente ed amorevole la fioraia, ‘’vedrete che il pesce che state trasportando non andrà a male se lo metterete fuori al bagnato’’.
Le pescivendole accettarono l’ospitalità della fioraia e scaricarono le loro ceste di pescato, sulla veranda all’esterno della casa.
La fioraia le fece entrare in una stanza piena di lavanda, gelsomini e rose stupende.
‘’State qui stanotte, starete bene. Sarò felice che ci siete’’
Le pescivendole non riuscivano però a prendere sonno.
Una era particolarmente inquieta, e non la smetteva più di muoversi.
‘’Cos’hai?’’, le domanda la più anziana
‘’Non riesco a dormire’’, risponde la pescivendola, ‘’qui c’è un odore orrendo’’.
‘’Neanche io riesco a dormire’’, interviene un’altra di rimando, ‘’questi fiori puzzano’’.
E’ a questo punto che la pescivendola più anziana dice alle altre: ‘’So io che cosa dobbiamo fare’’.
Sgattaiola nella veranda, prende una cesta di pesce, la tiene un attimo sotto la pioggia, e poi la porta dentro.
E finalmente scivolano tutte e tre in un sonno profondo e felice, avvolte nell’odore del pesce cui erano tante abituate.
E’ incredibile come un racconto in apparenza così semplice, possa scatenare dentro l’animo una miriade di significati.
Quanto possono apparirci buffe quelle pescivendole che sentono puzza in ciò che odora, e profumo in ciò che puzza, e che riescono ad addormentarsi solo quando tornano a contatto con una cesta del loro pesce.
Ma prima di metterci a ridere, dovremmo forse riflettere più profondamente sul modo in cui questa storia rappresenti la natura della condizione umana.
Le pescivendole sembrano essere una metafora del condizionamento, di ciò che è talmente noto e familiare da arrecare conforto, anche se non è oggettivamente piacevole.
La familiarità crea una sorta di sicurezza e stabilità psicologica che è difficile da abbandonare, anche se non porta con sé il profumo delle rose e dei gelsomini.
Le pescivendole incarnano le tante relazioni tossiche, o le intere esistenze mediocri che autoalimentandosi si perpetuano.
Ma forse c’è anche una chiave di lettura più profonda, cui introduce l’autore subito dopo avere raccontato la parabola, quando dice:
‘’E’ come se dovessimo riabituare il gusto alla nostra essenza più elevata’’
Ecco allora che si manifesta un piano più alto che è quello del dissidio tra spirito e materia.
Il condizionamento incarnato nella figura delle pescivendole non è solo quello dettato dalle abitudini e dalla paura del nuovo, ma anche quello dell’attaccamento e dell’eccessivo legame con le cose materiali.
Quando sentiamo che questo legame ci sfugge, perché messo in pericolo da una qualche preoccupazione materiale, la pescivendola che è in noi può stentare a prendere sonno, e può riuscirci solo quando la sua mente si è convinta di aver trovato la soluzione a quei problemi, ma fintanto che penserà soltanto al quotidiano e all’immediato, non potrà mai godere del profumo dei fiori.