Oggi, giorno di Pasquetta, in cui dopo una settimana ho rimesso il muso fuori dal portone di casa, voglio sviluppare una breve riflessione su alcuni significati psicologici collegati alla Pasqua, in particolare ad uno dei suoi simboli più iconici: l’uovo.
L’uovo è da sempre un simbolo collegato alla vita e alla sacralità: per questo, le culture più antiche (già i persiani a quanto pare, ma anche gli egizi, i greci ed i cinesi) ne facevano uso come dono da regalare per celebrare l’arrivo della primavera, o come oggetto da decorare per simboleggiare il ritorno alla vita.
Il cattolicesimo, attingendo da tradizioni culturali più vicine (in particolare quelle giudaica e romana), ha messo nell’uovo il simbolo di Cristo risorto.
In questo modo, la simbologia legata alla Pasqua può apparire allora in tutta la sua bellezza: l’uovo ha un aspetto piuttosto sterile, sembra quasi un sasso inanimato, ma dentro di sé cela la vita. Da qui il richiamo al sepolcro di pietra di Gesù e alla sua Resurrezione.
Venendo al significato interiore legato all’uovo ed alla vita che custodisce in sé, ciò che trovo affascinante è che l’esterno dell’uovo, pur così fragile ed esposto in ogni momento alla rottura, covato in un certo modo ed immerso nel calore permetterà al pulcino di svilupparsi a poco a poco.
Cosa succederebbe, una volta in cui il pulcino ha acquistato la sua forma interna, se quel guscio d’uovo fosse troppo duro?
Diventerebbe una gabbia, che potrebbe soffocarlo arrivando persino ad ucciderlo.
Per sopravvivere ed iniziare una sua propria vita, il pulcino ha necessità di rompere il guscio.
Questa mi sembra un’interessante metafora della condizione della natura umana, e della necessità del cambiamento.
Per un certo periodo della vita, quello che è intorno a noi e contribuisce alla nostra sopravvivenza, come la famiglia, le istituzioni scolastiche ecc., creano un guscio, una struttura, che tendenzialmente non potranno durare per sempre.
Non avremo sempre i genitori, che ci diranno cosa è giusto o sbagliato fare, né i professori che ci stimoleranno a fare il nostro dovere, dovremo diventare noi gli artefici della nostra vita.
La trasformazione non ha necessariamente a che fare con la carta di identità: il pulcino potrà decidere di rompere il guscio già da adolescente, o provare a farlo senza riuscirci mai del tutto, camminando nella vita con il peso di una insopportabile zavorra.
L’aspetto simbolicamente più potente è che per rompere davvero il guscio, una condizione deve essere che questo sia abbastanza fragile da lasciarsi rompere: dopo essere cresciuti grazie al nostro guscio, ossia ad un sistema di valori e comportamenti che ci ha guidati per un certo tempo della nostra vita, dopo essercene presi cura, dobbiamo trovare il coraggio di romperlo.
Di essere noi stessi e di lasciare pulsare la nostra vita, oltre ciò che siamo stati e con cui ci siamo identificati.
Ma un guscio troppo duro, un attaccamento rigido alle prime strutture della vita e del carattere, potrebbero impedirci di riuscire.
In ciò risiede, a mio modo di vedere, la meravigliosa forza della fragilità.
Che si riconnette straordinariamente anche al significato religioso della Pasqua, il Cristo risorto dopo aver perdonato chi lo aveva messo in croce,
Concludo questo breve saggio con un aforisma attribuito ad un anonimo:
“Se un uovo viene rotto da una forza esterna, la vita finisce. Se un uovo viene rotto da una forza interna, una vita inizia. Le grandi cose iniziano sempre da dentro.”.