Dopo aver scritto l’elogio dell’attesa, in questo articolo di fine Agosto voglio personalmente rivalutare un concetto che comunemente viene associato a credenze magiche e divinatorie, e quindi contrarie ad un pensiero razionale e pragmatico.
Sto parlando della superstizione.
Lo spunto mi è stato offerto da una lettura fatta poco tempo fa, in cui si metteva in luce l’etimologia del termine superstizione, che deriva dal latino ‘’superstitionem’’, composto da ‘’super’’ e ‘’sto’’ e quindi allude ad una sovrastruttura concettuale che si trova al di sopra della realtà.
Al di sopra appunto, e non fuori o al di sotto.
Questa sovrastruttura non è un mero insieme di credenze magiche o casuali, ma piuttosto un sistema intricato attraverso il quale gli esseri umani cercano di dare senso e ordine al mondo che li circonda.
Considerando la superstizione come “stare sopra”, è possibile percepire una prospettiva in cui l’umanità si erge al di sopra dell’ordinario, cercando un significato che va oltre la superficie delle cose.
In tal senso, la superstizione non è semplicemente una manifestazione di irrazionalità, ma piuttosto una modalità attraverso cui le persone cercano di interpretare la realtà più profondamente.
L’atto di “stare sopra” implica infatti una visione panoramica, una percezione che va oltre ciò che è immediatamente visibile. Allo stesso modo, la superstizione offre un’opportunità di contemplare aspetti nascosti ed intangibili dell’esistenza, cercando di attingere a ciò che può sfuggire alla razionalità immediata.
In alcune culture antiche ad esempio, la superstizione aveva delle radici profonde ed un valore positivo, messo in luce dalla stessa radice etimologica che sembrerebbe suggerire una connessione tra gli esseri umani e le forze superiori.
Nell’antica Roma, pratiche come la lettura dei segni degli uccelli (auguri) o l’osservazione dell’arrangiamento delle interiora degli animali sacrificati (aruspici) erano considerate cruciali per prendere decisioni importanti, come avviare una battaglia.
Ed anche tra gli antichi greci, era frequente l’utilizzo di amuleti o di oggetti portafortuna.
In tal modo, la superstizione è stata in grado di alimentare la creatività e l’immaginazione.
Racconti di creature magiche, oggetti incantati e luoghi misteriosi hanno spesso origine da credenze superstiziose.
Si tratta pur sempre di un patrimonio culturale che arricchisce le arti e stimola il pensiero creativo.
In definitiva, la superstizione può essere vista non solo come un sistema di credenze irrazionali, bensì come una manifestazione della curiosità umana ed un tentativo di dare delle forme al caos.
L’irrazionalità e la fede cieca sono modalità che non vanno mai abbracciate, ma secondo me rimane possibile non tradire la razionalità pur abbracciando alcuni aspetti che secondo il senso comune rientrerebbero nel perimetro della superstizione (come ad esempio i transiti e gli influssi planetari).
In questo modo, alcuni aspetti legati alla superstizione possono uscire fuori dal recinto delle pratiche magiche, e diventare elementi di arricchimento, capaci di andare oltre i livelli della conoscenza accettata ed in grado di aggiungere profondità, e di stimolare all’esplorazione dell’ignoto e ad una maggiore connessione con il mistero del mondo.