Agli inizi della mia carriera lavoravo come promotore finanziario in un gruppo bancario, ed un giorno nel mio ufficio cominciò a girare un volantino che recitava questi versi:
”Se vi contestano il prezzo, parlate della qualità,
se vi contestano la qualità parlate del servizio,
se vi contestano il servizio parlate delle condizioni,
se vi contestano le condizioni parlate del prezzo”
Questo sonetto aveva anche un nome: ‘’La ballata del venditore’’, ed era accompagnato dall’immagine di un menestrello agghindato in vesti medievali e con tanto di chitarra in mano.
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Pochi giorni fa, ventitré anni dopo.
Sono all’autogrill ed ordino un caffè.
In quel posto, i commessi alla cassa provano sempre ad appiopparmi qualcosa, a seconda del periodo; ultimamente erano dei biglietti di lotteria istantanea che, intendendomi abbastanza di statistica e calcolo di probabilità, gentilmente rifiutavo.
‘’Vuole anche dei cioccolatini?”, mi spiazza stavolta una rubiconda e paffuta commessa.
‘’Si, dei cioccolatini li gradisco, grazie”, rispondo da goloso impenitente. ‘’Prima provavate sempre a vendermi i gratta e vinci” – aggiungo bonariamente – ”con il cioccolatino è andata meglio”.
‘’Noi qui non vendiamo, ma proponiamo”, risponde quasi stizzita la mia interlocutrice.
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Che nesso c’è tra la ballata del venditore, e la zelante precisazione della commessa?
Nessun nesso diretto, ovvio, ma un vago nesso c’è: nella simpatica filastrocca sul venditore è allegorizzata una figura che racchiude delle virtù, perché a seconda di ciò che gli ‘’contestano’’ sa parlare di qualcos’altro, quindi è flessibile ed intelligente, ma incarna anche dei vizi capitali, in primis quello di perseguire soltanto il suo interesse personale.
Il venditore della ballata ha la destrezza di un funambolo: ha l’esibizionismo parolaio e piazzaiolo dell’imbonitore, e vende per arricchire se stesso o il suo signore, senza curarsi degli interessi del compratore.
Il retaggio che ci portiamo dietro, e che tambureggia in quel sonetto, è che vendere sia ”rigirare la frittata”, fare l’interesse di chi vende e fregare il prossimo.
Oggi, agli occhi di chi si occupa di vendita in modo professionale, il venditore della ballata sembra essere coevo, più che di un menestrello in una fastosa corte barocca, di uno Spinosauro estinto nella notte dei tempi: i nuovi scenari della società in generale, del mondo del lavoro e delle normative di settore, hanno imbalsamato quel tipo venditore nella soffitta dei ricordi.
I cambiamenti degli ultimi 20 anni sono stati di grande portata, e fare vendita, o consulenza, OGGI, è diventata una professione seria ed importante, che richiede preparazione tecnica e competenze emotive: soprattutto, saper ascoltare l’altro e saper farne emergere i bisogni.
Nel mio quotidiano, cerco di trasferire orgoglio e senso di appartenenza al ruolo di venditore-consulente, in quanto lo interpreto come espressione di potenzialità e capacità proprie di altri nobili mestieri.
Mi piace dire che per avere successo nella vendita, una persona deve possedere (tutti li abbiamo) ed allenare, i tratti e le potenzialità di sè che la porterebbero ad essere anche un buon avvocato, psicologo, diplomatico ed esploratore.
Un buon venditore infatti deve saper padroneggiare l’uso della parola ed i principi di persuasione, maneggiandoli con scioltezza d’eloquio.
Deve avere la capacità di ascolto ed essere empatico: vendere significa parlare per il 20% del tempo, e per il restante 80% ascoltare.
Deve possedere l’intelligenza sociale e deve saper negoziare (con i clienti, ma anche con i responsabili o i collaboratori), attingendo alla diplomazia per scongiurare sterili conflitti.
Ed infine, il venditore-consulente, è per me un grande esploratore: se è un consulente non stanziale (che non riceve esclusivamente nel suo ufficio), girerà e visiterà nuovi luoghi, ma soprattutto potrà fare tanti, e tanti viaggi ancora, quanti saranno stati i mondi delle persone che si sarà impegnato a conoscere davvero.