Oggi, finalmente, ho ricevuto dai miei responsabili aziendali la tanto attesa comunicazione: dopo più di 3 mesi di lavoro da casa, potrò tornare a fare visita alle subagenzie assicurative che coordino, sia pure chiedendo un’autorizzazione preliminare agli uffici della sicurezza, ed indossando la mascherina del tipo “ffp2” all’interno delle strutture.
Ma l’importante è ripartire, in qualunque forma!
Il mio lavoro consiste nel motivare e guidare le risorse verso i loro obiettivi, e c’è una bella differenza in termini di efficacia e possibilità di incidere positivamente, tra parlarsi a distanza da dietro uno schermo, e potersi invece guardare negli occhi dentro l’ufficio. Malgrado l’incomodo della mascherina.
Oggi più che mai gli occhi diventano lo specchio dell’anima.
Ora più che mai, con il linguaggio verbale che patisce il disagio dell’imbavagliamento, gli occhi e la gestualità diventano i fattori ancora più pregnanti della comunicazione, ed il linguaggio non-verbale accresce il suo potenziale rivelatore delle più reali intenzioni di una persona o di un collaboratore.
Sono felice di poter riprendere la mia attività, e molto carico psicologicamente, e su questo stato di eccitazione positiva influisce anche quel mutamento di prospettiva, maturato durante i giorni di quarantena, di cui ho parlato nel precedente articolo.
Curiosamente, anche l’azienda in cui lavoro durante il lockdown ha voluto creare un proprio blog per concedere ai suoi collaboratori l’opportunità di esprimere dei pensieri personali su come essi abbiano vissuto il tempo della pandemia, sulle difficoltà incontrate e sulle nuove consapevolezze maturate intorno ai significati del proprio ruolo.
Personalmente, sono propenso a credere che un momento di crisi sia sempre foriero di grandi opportunità: mi viene da pensare ad esempio alla crisi finanziaria globale del 2008, che ha avuto pesanti ripercussioni sul mondo del lavoro indirizzandolo verso i terreni dell’incertezza e della precarietà.
Tuttavia è proprio in quegli anni che sono iniziate a nascere delle nuove occasioni professionali tra cui ad esempio le prime opportunità nel digitale.
Tornando ai giorni nostri, la pandemia sembra averci insegnato che il lavoro da remoto (chiamato, secondo me impropriamente, “smart working“) potrebbe affermarsi negli anni a venire come una modalità di lavoro che sarà utilizzata da milioni di lavoratori in tutto il mondo.
I confini del mercato del lavoro potrebbero allargarsi a dismisura e le aziende che riusciranno a superare la crisi si troverebbero ad avere bisogno di risorse in tutto il mondo, le quali potranno essere assunte e lavorare da casa loro magari a distanza di migliaia di chilometri dalla sede della società.
Naturalmente, non sto dicendo che quanto successo sia un bene!
Sto invece dicendo che storicamente, i momenti di crisi insieme agli sconvolgimenti che inevitabilmente causano, possono contenere anche delle opportunità che è possibile tradurre in vantaggi soprattutto da chi riuscirà ad anticiparne le tendenze.
E’ proprio ciò che è accaduto all’interno dell’azienda in cui opero, che ha intensificato il processo già in atto di innovazione tecnologica, a tal punto da situarsi tra le eccellenze del settore nel campo delle competenze digitali.
Nel mio pensiero espresso sul blog aziendale, mi concentro piuttosto sugli aspetti personali ed interiori del periodo di crisi, e su come essa possa aver permesso di costruire una dote in termini di nuova consapevolezza e voglia di fare.
Vai qui per leggere la testimonianza:
https://viapo20.blogspot.com/2020/05/agenti-sara-la-testimonianza-del-team.html